13 febbraio 2011
Oggi sarebbe stata una giornata perfetta se l’avessi passata secondo i miei piani: in parte a rilassarmi sulla spiaggia di Yaffa e poi a sera a riabbracciare i miei amici in Cisgiordania.
Fino a ieri non mi sarei mai immaginata che niente sarebbe andato secondo i miei piani.
Neppure quando allo sportello “Controllo Passaporti” all’aereoporto di Ben Gurion, a Tel Aviv, ho fatto vedere il passaporto alla signorina e lei mi ha chiesto il nome di mio padre e di mio nonno…
Neppure quando mi hanno portata in una stanzetta e fatto aspettare a lungo prima di chiamarmi per l’interrogatorio.
Neppure quando vedevo tutti gli altri, arrivati dopo di me nel limbo dei turisti sospetti, andare via contenti con il passaporto timbrato.
Persino un giovane indiano che aveva il visto dell’Arabia Saudita e’ stato trattenuto solo per poco.
Ma del resto sono come al solito lenta a rendermi conto della realta’ e preferisco lasciarmi cullare fino all’ultimo dalla speranza che quando si vuole intensamente qualcosa, quella cosa alla fine si avvera!
E cosi ho affrontato il lungo interrogatorio con serenita’…
Mi hanno chiesto di tutto: dove avevo intenzione di andare… dove ero stata l’altra volta… chi conoscevo… se parlo arabo… quanti soldi ho… che lavoro faccio…
Quando lo sbirro in borghese, che faceva pure il simpatico, si e’ proteso sulla scrivania e con occhi inquisitori e serissimi mi ha chiesto se facevo parte di ISM, io mi sono fatta una grassa risata e ho risposto di no senza esitazione. Allora lui mi ha detto che quella era la quarta volta che non dicevo la verita’. Io a ripensare a tutto quello che avevo detto avevo gia’ perso il conto!
Altri momenti di ilarita’: quando mi ha chiesto se avevo mai fatto qualcosa di illegale… e io ho detto “come per esempio fumarsi le canne?”
e quando mi ha chiesto se ero mai stata in tribunale e io ho detto NO pensando che c’ero stata almeno 2 volte a Gerusalemme: una volta quando hanno processato Ron prima di deportarlo e un’altra alla Corte Suprema di Israele, dove stavano decdendo le sorti del piccolo villaggio di Al-Walaja, destinato ad essere circondato dal muro… Lo sbirro mi ha subito fatto notare che se non era vero loro lo avrebbero saputo perche’ nei tribunali hanno le telecamere!
Mammamia… a pensarci mi vengono i brividi! Le piu’ terribili paranoie Orweliane sono ormai realta’.
Comunque sia… alla fine mi hanno fatta aspettare ancora un po’ per poi dirmi che non potevo entrare, senza pero’ darmi nessuna spiegazione sul perche’. Mi hanno perquisita e hanno controllato a fondo tutti i miei bagagli e poi mi hanno portato in un centro di detenzione.
La’ mi hanno fatto lasciare i bagagli in un deposito e mi hanno detto di consegnargli pure il cellulare.
Io ho risposto che prima di consegnare il cellulare volevo che mi lasciassero fare una telefonata all’ambasciata.
Loro hanno insistito e anch’io ho insistito, finche’ uno di loro ha detto “Vedo che sei violenta!”
Io non avevo neppure alzato la voce e ero stata abbastanza educata nel cercare di convincerli, per cui mi sono sorpresa che potesse dire cio’.
Poco dopo mi avevano gia’ presa a forza in quattro per strapparmi il cellulare di mano e ovviamente anche dopo aver preso il loro agognato bottino hanno continuato a storcermi la mano giusto per farmi un po’ di male.
Quando hanno lasciato la presa ho fatto un bell’applauso alla grande potenza di Israele, ormai da tempo abituato a combattere con fucili e cannoni contro le formiche!
Dopo mi hanno dato un sapone con scritto su WELCOME e mi hanno rinchiuso in una cella con una donna Tailandese.
Nella stessa cella erano gia’ passati prima di me altri attivisti di ISM, lasciando scritte incoraggianti. Eppure non sono bastate a farmi piangere di meno!
Non riuscivo a credere che la burocrazia Israeliana mi impediva di rivedere per i prossimi dieci anni, tutte le persone favolose che avevo conosciuto …
Voglio ancora sentire Biladi. l’inno Nazionale Palestinese, ogni mattina prima che inizi la scuola… voglio ancora mangiare pane e hummus sotto gli alberi di ulivo… voglio ancora condividere l’infinita tristezza delle mille ingiustizie che i Palestinesi devono sopportare ogni giorno e imparare da loro a essere capaci di sorridere anche nelle situazioni piu’ difficili.
Mi manchera’ la Palestina… ed e’ amaro il sapore della sconfitta che mi e’ rimasto in bocca.
E non e’ servito a consolarmi urlare Free Palestine quando sono stata accompagnata fin sopra l’aereo da due ufficiali dell’immigrazione: le facce della gente vicino a me non lasciavano trapelare nessuna approvazione.