14 novembre 2010
Camminando per Shari’a Shuhada (A Hebron o Al-Khalil in arabo) mi sembra di rivivere qualcosa già visto in vecchi documentari in bianco e nero… una triste storia già vissuta da altri in una Germania ormai un po’ dimenticata.
Sulle porte sprangate dei negozi palestinesi, le stelle di Davide sono un simbolo macabro di come la violenza spesso genera solo altra violenza.
La Commissione delle Nazioni Unite sui Crimini di Guerra proibisce le punizioni collettive eppure Israele, pur considerandosi l’unica democrazia nel Medio Oriente, continua a infrangere tutte le regole internazinali e punisce continuamente tutti i Palestinesi anche per crimini commessi dagli stessi Israeliani.
Infatti il processo di totale chiusura di Shari’a Shuhada è iniziato nel 1994, dopo che il colono Israeliano (nato negli USA), membro di JDF, Baruch Goldstein uccise 29 musulmani e ne ferì gravemente altri 150 mentre pregavano nella tomba dei Patriarchi, a Hebron.
Dopo il massacro, l’esercito Israeliano impose un coprifuoco di due settimane sui 120000 Palestinesi residenti a Hebron(Al-Khalil), per proteggere i 400 coloni che invece continuavano a muoversi liberamente per la città.
Da allora centinaia di negozi su Shari’a Shuhada sono restati chiusi e le porte saldate dall’esterno, portano il marchio della stella di Davide e sono imbrattate da scritte spesso illegibili perchè sono state cancellate probabilmente dagli stessi Israeliani per evitare che l’orrore razzista sia troppo evidente.
Un giorno abbiamo chiesto a un soldato Israeliano cosa pensava di Shari’a Shuhada, se non gli sembrava che fosse una strada senza vita, con tutti i negozi sbarrati e le restrizioni ai Palestinesi imposte solo per lasciar passare di tanto in tanto una macchina israeliana (si riconoscono dalla targa gialla) o qualche colono a piedi.
Il soldato ci ha risposto che i Palestinesi potevano ancora vivere nelle loro case sopra i negozi! Come se fosse un segno di estrema generosità e non un diritto ovvio.
E per fortuna, nell’ultimo periodo, ai pochi che hanno scelto di rimanere a vivere nelle loro case è stato concesso il “lusso” di entrare dall’ingresso su Shari’a Shuada e non devono arrampicarsi su scale e muretti per entrare dai balconi o dai terrazzi sul retro.
La restrizione all’accesso sulla strada che collega due colonie, non è più assoluta, però il sistema di Apartheid è ancora forte: i Palestinesi non possono passare con le loro macchine e a piedi sono relegati a una parte sola della strada, separata dal resto da transenne di cemento.
Potrebbe essere un bel gesto simbolico ridipingere le porte deturpate dei negozi, ma allo stesso tempo sarebbe come cancellare unna testimonianza visibile di un conflitto non ancora risolto e di miglia di piccole ingiustizie quotidiane che un’intera popolazione sta ancora subendo.
Molti hanno celebrato e ancora celebrano il folle gesto di Baruch Goldstein, membro di JDL(Jewish Defence Legue). Probabilmente gli stessi coloni che si aggirano armati per le strade di Hebron.
Ciao Simona,
sei davvero coraggiosa….un esempio per l’Italia
Un abbraccio
Stefania (la tua conterrranea)