1 dicembre 2010
Sin dal 1967, ogni governo Israeliano ha considerato la valle del Giordano come il confine orientale dello stato di Israele.
Grazie alla falda acquifera più ricca di tutta la regione, questa valle rappresenta da sempre l’area più fertile della Cisgiordania. Inoltre ha un importante significato geopolitico, rappresentando l’unico confine di un futuro Stato Palestinese che non sia con Israele.
A partire dagli anni 70, Israele ha confiscato la maggior parte del territori ad ovest del fiume Giordano per stabilirvi insediamenti coloniali e campi militari.
Dal 1993, con gli accordi di Oslo, la Valle del Giordano, ad eccezione dei dintorni di Gerico, è stata dichiarata zona C, cioè sotto diretto controllo militare e amministartivo degli Israeliani.
Oggi il 95% della valle è sotto diretto controllo militare, il 98% delle risorse d’acqua sono ad uso esclusivo israeliano.
Circa trenta colonie illegali vi si sono stabilite sviluppando grosse piantagioni lì dove da secoli i Palestinesi dei villaggi e i beduini coltivavano le loro terre e pascolavano greggi.
In particolare, i terreni vicino alla riva del fiume, che sono i più fertili della zona, resi inaccessibili ai Paelstinesi da recinti e filo spinato, sono sotto il diretto controllo dei militari.
Ridotti in miseria, il 75% della popolazione palestinese è stata costretta a lasciare la valle. I Palestinesi che rimangono non hanno diritto di costruire case, ristrutturare quelle esistenti, scavare pozzi, raccogliere l’acqua piovana, muoversi liberamente e persino andare a scuola.
Non avendo altra scelta, spesso i Palestinesi costruiscono pur non avendo un permesso rischiando così la demolizione.
La maggior parte della popolazione locale è costretta a lavorare, nelle piantagioni o nei magazzini di confezionamento dei prodotti delle colonie, sfruttati e sottopagati, in quelle che erano le loro terre.
Il contrasto è molto forte fra le oasi verdi degli insediamenti coloniali e gli aridi villaggi beduini che non hanno acqua e luce.
Ho passato un paio di giorni in un piccolo villaggio di beduini, di circa 150 abitanti.
Circa un mese fa i coloni israeliani che vivono a pochi metri da loro, hanno montato un recinto vicinissimo al villaggio, prendendo ancora qualche metro in più di terra di quanto non ne avessero già preso prima.
La settimana scorsa l’esercito Israeliano ha demolito tre baracche, senza neppure aspettare che le pecore uscissero.
I soldati hanno promesso che sarebbero tornati e cosi un’associazione locale cerca di assicurare una presenza costante di attivisti internazionali in modo da essere pronti almeno a documentare ogni eventuale abuso e magari ritardare le azioni dei soldati.
La famiglia di beduini ci ha accolto con gentilezza e ovviamente ci hanno offerto cibo e te. Ci hanno riservato una grande tenda tutta per noi, poco lontano dalle baracche delle pecore.
Dormire non dev’essere facile per i beduini nella valle del Giordano dato che sono minacciati continuamente dalla possibilità di un’imminente demolizione. Io mi svegliavo continuamente ad ogni rumore strano, terrorizzata all’idea che potessero essere i soldati. Del resto se fossero arrivati non sarebbe restato nient’altro da fare che piegarsi alla loro furia distruttiva.
Fortunatamente durante le due notti che ho passato lì non e’ successo niente di spiacevole. Ho passato i due giorni ad aiutare le donne a dare da mangiare alle pecore e alle capre, ad aiutare i figli con i compiti di Inglese e a chiacchierare di religione e politica non il padre. Ogni tanto il rumore assordante degli aerei da guerra interrompeva le nostre conversazioni, a ricordarci l’incubo dell’occupazione.